Più dialogo sui territori. La videoricerca, un nuovo strumento per lo sviluppo e la partecipazione

Si è diffuso negli ultimi anni un sentimento di sfiducia nei confronti dello sviluppo locale, negli ambienti di ricerca come in quelli della politica. Uno degli elementi sui quali si concentrano le analisi critiche nei confronti della passata stagione di programmazione in Italia, è stata la paradossale scarsa capacità di un paradigma di sviluppo «rovesciato», concepito a partire dal basso, di coinvolgere i cittadini e di dotarli di strumenti per sostenere le rivendicazioni nelle sedi adatte, di creare una ambiente di apprendimento per classi dirigenti locali, secondo molti «incapaci» di dare ascolto al territorio, e infine di comunicare i propri successi.

In altri termini, potremmo dire che, tra gli altri problemi, c’è stato in sostanza anche un grave deficit di comunicazione. A fronte di queste considerazioni, poco è stato fatto per «costruire» strumenti nuovi per facilitare quella nuova modalità di relazione fra cittadini e politica, fondata sulla fiducia e sulla trasparenza, e anche sul consenso che, unica, poteva permettere il raggiungimento degli obiettivi. Ma cosa comunicare? Con quali strumenti farlo? Come sostenere i cittadini ad avere più forza nei confronti della rappresentanza, e un maggior controllo verso la politica? Come innescare processi di apprendimento nelle sedi decisionali? Ed infine, Chi lo deve fare?

Alcune sperimentazioni, portate a termine da varie istituzioni negli ultimi anni hanno provato una parziale risposta a queste domande attraverso la produzione di alcuni video di ricerca. Tra questi video, che ho realizzato in prima persona, vale la pena di citare, tra gli altri, “Tracce di nuovi sentieri. Pratiche di sviluppo locale in Molise” prodotto dalla società Studiare Sviluppo per conto del Dipartimento delle Politiche di Sviluppo nel 2005, e “Dialoghi sul territorio, i servizi sociali nelle aree interne della Calabria”, che si affianca alla ricerca “L’offerta dei servizi alla persona nelle aree interne della Calabria: ascolto del territorio e innovazione della policy” in uscita a cura dello stesso Dipartimento[1].

Perché fare un film? La scelta dello strumento audiovisuale vuole sopperire, sempre a livello sperimentale, alla scarsa capacità dei prodotti di ricerca ad inserirsi nel flusso di informazioni che orientano le scelte dei decision makers locali e nazionali. Esiste, infatti, soprattutto a livello locale, il problema di favorire la circolazione di una informazione non manipolata da interessi particolari, siano essi commerciali, politici, economici. Immettere nel flusso delle informazioni locali e sui tavoli di discussione una “informazione sempre verificabile”, proveniente da un soggetto esterno lontano dalle dinamiche di interesse locale, costruita sugli elementi emergenti dalle analisi di ricerca e valutazione, in grado di competere per fruibilità e diffusione (i video sono brevi e estremamente semplificati) con le altre fonti di informazione, significa ipotizzare uno status nuovo per l’informazione scientifica, e di porla in grado di giocare un ruolo di “ecologia dell’informazione”.

Il tentativo, attraverso una la scelta di uno strumento così massmediale, seppur in senso lato, è quello estendere le capacità di valutazione ad un numero sempre più alto di cittadini, nella consapevolezza, che rafforzarne la coesione, la capacità di scelta, di partecipazione alla progettazione locale che li interessa direttamente, significa dare materialmente “gambe” ai progetti di sviluppo ed aumentarne le possibilità di successo.

Tornando ai due video citati, si tratta non di prodotti di comunicazione istituzionale, sempre polarizzata tra “propaganda” e didattica, ma di oggetti di ricerca e di comunicazione in grado di rivolgersi ad un pubblico generico, anche se prevalentemente composto da “addetti ai lavori”, e alla comunità locale. Contengono anche al proprio interno una proposta di comunicazione in grado di costruire comunità intorno alla individuazione dei problemi e alla condivisione dei punti di vista: empowerment, quindi, dei cittadini e maggiore consapevolezza degli operatori pubblici.

Volendo sintetizzare, gli obiettivi che sono stati perseguiti con i video sono:

  1. Contribuire al rafforzamento della capacità dei soggetti di costruire una domanda  organizzata. In molti casi, soprattutto nei territori marginali, all’origine di una mancata “comunicazione” fra cittadini e politica non c’è solo l’incapacità o il disinteresse di quest’ultima, ma anche la debolezza della domanda, vale a dire l’incapacità dei cittadini di far valere in maniera organizzata le proprie istanze, anche le più elementari, tanto per mancanza di competenze specifiche che per la frammentazione dei territori e dei bisogni stessi. I video sono quindi, in questo caso, pensati per favorire il formarsi di una nuova comunità locale, meno frammentata, più consapevole dei propri limiti e opportunità, in grado di interagire meglio con le sedi decisionali;
  2. Fornire alle strutture regionali e nazionali un insieme di informazioni verificabili utili alla messa a punto delle policies. Si tratta di proporre alla riflessione collettiva, di un pubblico composto prevalentemente di amministratori, osservatori qualificati, valutatori e decisori, i temi più rilevanti che sono emersi dalle attività di ricerca desk e di attività sul campo. L’intento è quello di individuare e promuovere la discussione sui temi emergenti, dandogli nuova visibilità;
  3. Sperimentare un prodotto di comunicazione pubblica “trasparente”, attraverso l’esplicitazione di una metodologia di raccolta di informazioni, di un metodo di analisi e soprattutto attraverso la comunicazione degli obiettivi che si intendono perseguire, che nel caso dell’operatore pubblico coincidono con la produzione di nuovi spazi pubblici (materiali, immateriali, beni, servizi). Inoltre, mettendo in luce le difficoltà del dispiegarsi dell’azione pubblica, si punta a comunicare in maniera credibile anche i successi ottenuti;
  4. Si tratta, infine, di rompere il cerchio della segmentazione e parcellizzazione delle informazioni, attraverso un’operazione tesa a “deframmentare un quadro”, porlo in una condizione di confronto, al fine di far emergere chiaramente le alternative, reali, e orientare le scelte verso obiettivi alla “portata” delle risorse a disposizione, materiali ed umane.

Date queste premesse, assume una particolare importanza la modalità di diffusione, accessibilità e fruizione del video. Infatti, se esiste, in Italia e all’estero, una sporadica produzione di realizzazioni audiovisive che in qualche misura perseguono obiettivi simili, molto raramente viene messo in cantiere un piano di diffusione e di raccolta delle “reazioni”, funzionale al perseguimento degli obiettivi di sollecitare una valutazione più partecipata.

Nel nostro caso, per la diffusione dei video è stato messo a punto un piano di presentazioni pubbliche, che ha previsto seminari locali e nazionali, la distribuzione in corsi universitari, la fruizione gratuita on line, in streaming. In particolare, la distribuzione via internet, pur nei caratteri sperimentali dell’iniziativa, è di estremo interesse ai fini della promozione di una valutazione partecipata: gli strumenti disponibili in rete, infatti, permettono di poter verificare in ogni momento il numero di persone che vedono il video, i siti sui quali è segnalato, i post sui blog che ne parlano: in sostanza di avere strumenti aggiuntivi per valutarne l’”impatto”.

Esiste una lettura tecnica della politica economica, e, tautologicamente, una più politica. Una valutazione del reale impatto che la stagione dello sviluppo locale che si è conclusa ha avuto sui beneficiari ultimi, non solo in termini di efficienza di spesa, è ancora da costruire; nel clima di delusione e di sfiducia nei confronti dello sviluppo locale, il rischio che si corre oggi è che le ragioni degli “scarsi risultati” ottenuti vengano attribuite soprattutto ai processi partecipativi locali, evidentemente lacunosi, quando invece, secondo il nostro punto di vista, è proprio la scarsa partecipazione di cittadini alla costruzione della nuova programmazione ad averli determinati. Rilanciare la partecipazione significa dare più opportunità di riuscita per i progetti medesimi, ma soprattutto più democrazia, soprattutto in aree del paese dove ce n’è ancora molto bisogno.

* Parte dei contenuti di questo articolo sono estratti dal rapporto di ricerca “L’offerta dei servizi alla persona nelle aree interne della Calabria: ascolto del territorio ed innovazione della policy“, a cura di Sabrina Lucatelli, in corso di pubblicazione sulla collana Materiali UVAL.

articolo originale uscito il 5 ottobre 2009 su Eticaeconomia qui

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *